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Prima Milano-Torino (MiTo) poi Milano ma alla fine sarà solo Torino
19/11/2009
di Gianluca Esposito Mariani
La Fiat prima onora le origini milanesi dell’Alfa Romeo nel nome di due dei suoi modelli più importanti, la MiTo e la imminente Milano, poi chiude lo storico stabilimento di Arese
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Lo scorso 18 novembre la Fiat ha confermato la decisione di trasferire a Torino, dai primi giorni del 2010, le ultime attività produttive ancora in funzione presso lo storico stabilimento Alfa Romeo di Arese (Milano). Uno stabilimento in cui sono nate le più belle e amate vetture del marchio del biscione quali la Giulia, l’Alfetta, la Giulietta, la 75 e la 164, uno stabilimento che ospita il Centro Stile Alfa Romeo e in cui ha lavorato quel Walter de’ Silva (oggi in Volkswagen) che ha dato l’impronta stilistica a tutti i recenti modelli Alfa (è sua la gloriosa 147) fino alle ultime Alfa Mito e Milano. Insomma un posto in cui si respira la storia del più grande marchio sportivo italiano e che da gennaio 2010 potrebbe addirittura diventare il nuovo polo produttivo della numerosa comunità cinese di Milano.
Il mondo dell’auto, si sa bene, è nel mezzo di una forte e necessaria manovra riorganizzativa. L’obiettivo di avere da qui a pochi anni solo 5 o 6 grandi gruppi automobilistici mondiali sta via via portando ad alleanze, acquisizioni e fallimenti più o meno pilotati dei ‘vecchi’ marchi e nel frattempo stanno sempre più emergendo i nuovi colossi indiani, cinesi e coreani.Se i veri frutti della riorganizzazione mondiale del mondo dell’auto si vedranno tra qualche anno, qui in Italia stiamo già assistendo da tempo ad una ‘cura’ ben precisa attuata dall’unico produttore di auto capitanata da quel formidabile manager che è Sergio Marchionne il quale negli ultimi anni non si è solo limitato a regolare i conti di un’azienda ma ha anche voluto dare il proprio contributo e controllo su tutte le fasi produttive, dal design alla vendita di un’auto. In quest’ottica, ad esempio, la volontà di Torino di portarsi in casa il Centro Stile Alfa Romeo va vista come un’opportunità positiva per tutto il design del Gruppo Fiat perché è nel centro di stile milanese che sono state disegnate le più belle e riuscite auto degli ultimi anni e non certamente dal pari centro torinese che ha invece incamerato diversi insuccessi (la cocente disfatta della Stilo ancora si avverte negli uffici del design di Torino).
Tutto si fa quindi per ottimizzare le varie fasi della produzione, aumentare il più possibile le economie di scala e ridurre i costi in modo tale da essere più competitivi in un mercato saturo. Già da alcuni anni infatti le Alfa Romeo sono costruite presso altri stabilimenti e soprattutto sono realizzate con componenti e motori comuni a tutto il resto del Gruppo Fiat.
La Fiat con questa strategia ha finora vinto la sua sfida (che è anche di tutti noi italiani) nei confronti di tanti concorrenti che la davano per spacciata e che invece oggi devono combattere loro stessi contro la chiusura. Il Gruppo ha saputo anticipare le richieste di un mercato ormai saturo che poteva riavviarsi solo grazie ad una necessaria pressione ecologica immettendo sul mercato una consistente varietà di modelli dotati di motorizzazioni a bassa emissione di CO2 come nessun altro costruttore. Oggi, grazie all’acquisizione della Chrysler si potrà sbarcare negli USA con i modelli di punta, la 500 e le Alfa Romeo dando così maggiore impulso alla produzione e alle vendite.
Nonostante tutto, la decisione di chiudere Arese dispiace a tutti noi perché con essa si chiude definitivamente un’epoca, quella della identità di un marchio. Infatti, sin dalla fondazione avvenuta ai primi del Novecento il marchio dell’azienda ha voluto ricordare il forte legame con la città di origine; ancora oggi troviamo a sinistra del logo la croce rossa su sfondo bianco che è il simbolo di Milano e sulla destra svetta il serpente-drago (il biscione) che è lo stemma dei Visconti, gli storici signori del capoluogo lombardo. In più, fino al 1971, data in cui fu avviata la produzione Alfa Romeo anche presso lo stabilimento di Pomigliano d’Arco in Campania, nello stemma compariva la parola ‘Milano’ a dare ulteriore connotazione lombarda al marchio.
La globalizzazione insomma impone le sue leggi, dure e dolorose. Storciamo quindi un po’ il naso ma forse ci siamo abituati ad alcune rinunce (vedi anche la perdita della trazione posteriore) in funzione della sopravvivenza di un marchio che però mantiene intatto il proprio carattere sportivo, orgoglio di tutti noi lombardi, torinesi, italiani. Viva l’Alfa Romeo!
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