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Pronta la fusione tra Fiat e Chrysler
05/02/2011
di Giovanni Iozzia
Sergio Marchionne ha ipotizzato anche il trasferimento della sede direzionale negli Stati Uniti
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Sergio Marchionne lo ha detto in maniera chiara e inequivocabile: «Fiat e Chrysler potrebbero fondersi in un unico gruppo che potrebbe avere sede negli Stati Uniti». Questa possibilità potrebbe concretizzarsi entro due, al massimo, tre anni. Le due società stanno infatti considerando una serie di «alternative e scenari. Prima abbiamo bisogno di integrarle operativamente e dopo di guardare alla loro governance». Marchionne ha nello stesso tempo spiegato che la fusione non potrebbe avvenire prima che la casa di Detroit non abbia restituito il prestiti concessi dal governo americano e della sua quotazione in borsa. Entrambe le cose dovrebbero accadere nel corso del 2011.
Le reazioni sono arrivate immediatamente. Secondo il sindaco di Torino, Sergio Chiamparino portare il quartier generale della Fiat fuori dell'Europa sarebbe un'ipotesi inaccettabile, anche se l'azienda è una multinazionale». «E' presto per tracciare scenari negativi - precisa Chiamparino in un’intervista al quotidiano La Repubblica - ma al rientro in Italia di Marchionne chiederò subito un incontro urgente con i vertici della Fiat per chiarire il significato delle parole espresse dall'amministratore delegato e quali siano le prospettive». «Per il momento - aggiunge Chiamparino - non abbiamo gli elementi per capire cosa volesse dire Marchionne. Per questo mi riservo di approfondire, di chiedere subito un faccia a faccia con il presidente del Lingotto e con lo stesso Marchionne».
Molto più duro il segretario della Fiom, Maurizio Landini. «Si confermano le nostre preoccupazioni - dice Landini - ora si capisce il perché Fiat non voglia discutere con nessuno in Italia il piano industriale. Il rischio concreto è che si vada progressivamente verso un depotenziamento della produzione e della progettazione dell'auto nel nostro Paese. Adesso c'è una ragione in più per rivendicare l'apertura di una vera trattativa con la Fiat. Aumentano le ragioni perché si vada a mettere in campo una azione generale di mobilitazione». Dello stesso tono Giorgio Giraudo della Fiom Cgil: «Non mi stupiscono affatto le dichiarazioni di Marchionne, che dice cose ovvie. La Fiat ha preso molti impegni col governo americano. Non avendo nessun impegno con l'Italia e col nostro governo, qui ha le mani libere». «Paghiamo così l'assenza di una politica industriale in Italia - continua Airaudo -. Per scongiurare l'ipotesi lanciata da Marchionne, occorrerebbe avere in Italia una politica più forte, che inchiodi Fiat alle sue responsabilità. Occorrerebbe arrivare ad un accordo tra governo e Fiat». Anche Rocco Palombella della Uilm, fino ad ora in sintonia con Marchionne, lo critica apertamente dicendo che le sue «Sbagliate, fuori luogo e offensive in una fase dove si assumono impegni per investire venti miliardi in Italia e per rilanciare lo sviluppo delle nostre fabbriche, penso che sia una dichiarazione poco incoraggiante. Spero che sia solo una delle tante esternazioni che ha fatto in questo periodo».
Il ministro dello Sviluppo economico Paolo Romani palerà con Marchionne nei prossimi giorni. Un incontro già previsto sulla questione di Termini Imerese, il cui accordo di programma sarà firmato il 16 febbraio. Ovviamente si parlerà anche della situazione generale della Fiat. «Una vaga ipotesi non è una decisione - ha intanto commentato il ministro del Lavoro Maurizio Sacconi - e non può quindi dar luogo al solito festival delle Cassandre. Una cosa è certa: l'Italia tutta, nelle sue componenti istituzionali come in quelle sociali prevalenti, si è guadagnata il diritto a conservare funzioni direzionali e progettuali. E l'ulteriore evoluzione dell'efficienza dei siti produttivi può ancor più consolidare questa legittima aspettativa che il governo è decisamente intenzionato a far valere».
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