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L’ombra di Gheddafi sulla Fiat?


03/04/2011

di Giovanni Iozzia

Secondo un rapporto reso pubblico dall’agenzia di stampa Reuters il dittatore libico possiede il 2% del Lingotto che, però, smentisce


L’ombra di Gheddafi sulla Fiat? Gheddafi sarebbe ancora il possessore del 2% delle azioni della Fiat. Lo dice la Reuters citando l’articolo di Edward Niedermeyer The Mystery Of The Fiat-Gaddafi Connection pubblicato lo scorso 30 marzo sul giornale on line The Truth About Cars, che utilizza indiscreioni che giungono da WikiLeaks, che ci sini ancora legami d’affari tra la Fiat e la Libia. Nel 2006, infatti, il Dipartimento di Stato americano avrebbe individuato la presenza di Lafico (Lybian Arab Foreign Investiments Company), e del fondo d’investimento Lia (Lybian Investment Authority) nel gruppo italiano con il 2% in Fiat, il 15% in Tamoil e il 7,5% nella Juventus.

La risposta della casa torinese non si è fatta attendere. Attraverso il Responsabile International Media Relations, Richard Gadiselli, precisa che di non avere più nessun rapporto con la Libia.
«Caro signor Niedermeyer - scrive Gadiselli - a seguito della sua e-mail, vorrei ricordare che il rapporto della Reuters al quale lei fa riferimento non è corretto. Come non sono corrette altre notizie simili nelle quali si parla di partecipazioni della Lia in Fiat. Quest’ultima ha venduto tutta la sua partecipazione azionaria nel 1986, dieci anni dopo l’inizio della sua partecipazione. La Lia non ha più partecipazioni in Fiat. Confido che questo chiarisca la questione».

La Libia entrò in Fiat nel 1976, attraverso la Libyan Arab Foreign Bank, con una quota del 9,09% che in poco tempo passò al 13,04% arrivando infine al 15%. Questa quota vera trasferita alla Lafico.
Nel 1986 un società del Gruppo Ifil acquista il 13,9% della azioni Fiat in mano ai libici e le gira alla Deutsche Bank. A questo punto la Libia non possiede più del 2% delle azioni della Fiat che, secondo i termini di legge, consisterebbe essere una quota irrilevante. Nel 1976 i libici investirono 400 milioni di dollari, ebbero due loro rappresentanti in Consiglio di Ammministrazione: Abdulla Ammar Saudi, presidente della Libyan Arab Foreign Bank, e Regeb Misellati, vice governatore della Banca centrale libica. Un’operazione che più che economica ebbe una valenza politica.


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