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Melfi, reintegrati i tre lavoratori
25/02/2012
di Giovanni Iozzia
Ma la Fiat, pur pagando loro lo stipendio, non li fa ammette nello stabilimento e ricorre in Cassazione. La Fiom valuta azioni penali
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[ Melfi ] -
La Fiat non intende avvalersi delle prestazioni lavorative dei tre operai dello stabilimento di Melfi reintegrati dalla sentenza dalla Corte di appello di Potenza che ha accolto il ricorso presentato dalla Fiom. I tre lavoratori - Giovanni Barozzino, Antonio Lamorte e Marco Pignatelli – furono licenziati nell’estate del 2010, accusati di avere bloccato un carrello durante uno sciopero interno. Una prima sentenza li reintegrò ma subito dopo venne ribaltata.
Esultanza da parte della Fiom che non intende fermarsi. «Visto l'uso strumentale – ha dichiarato Maurizio Landini, segretario nazionale della Fiom - e la denigrazione a mezzo stampa avanzata in questi mesi verso i tre lavoratori iscritti e delegati della Fiom, valuteremo insieme a loro se richiedere i danni morali alla Fiat». «Il licenziamento dei tre lavoratori di Melfi – ha aggiunto Landini – è stato il primo gravissimo attacco al diritto di sciopero, alla dignità e alle libertà di chi lavora condotto nell'ambito del nuovo modello Marchionne. La sentenza di mette in luce i gravi atti di discriminazione contro i nostri iscritti e i nostri delegati che si stanno verificando in tutti gli stabilimenti del Gruppo».
Ma la Fiat, pur non commentando, esattamente come avvenuto in precedenza, non si arrende ed ha subito annunciato che ricorrerà in Cassazione contro la sentenza della Corte d'Appello di Melfi e «proseguirà le azioni per impedire che simili condotte si ripetano». Intanto i tre lavoratori, pur riprendendo a percepire regolarmente lo stipendio, non potranno entrare nello stabilimento. Anche dopo il primo reintegro fu loro concesso di rientrare ma dovettero rimanere in un’apposita stanza dove svolgere l’attività sindacale. Cosa impossibile adesso poiché la Fiom non ha firmato il contratto con l’azienda.
«La Fiat continua nel suo atteggiamento antisindacale», ha commentato Emanuele De Nicola, segretario della Fiom della Basilicata.L’avvocato di tre operai, Lina Grosso, parla invece di «caso unico». «Si aprono scenari da valutare - ha concluso - ma agiremo in ogni modo anche in sede penale».
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