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Un mito. Il simbolo di un epoca, che sta all'Inghilterra come la pizza e gli spaghetti stanno all'Italia, e la Coca cola sta all'America. La mente di Alec Issigonis ebbe un lampo di genio che condizionerà la produzione automobilistica mondiale negli anni successivi (siamo alla fine degli anni'50): mettere le ruote agli estremi angoli della carrozzeria e mettere il motore di traverso con trazione anteriore per avere il maggior spazio possibile in tre metri scarsi di macchina.
In Italia l'ingegner Giacosa ci era arrivato, e molto prima di Issigonis, ma gli Agnelli silurarono la proposta come insicura e senza futuro (oggi non c'è da stupirsi delle avventure di Lapo Elkann: è un gene di famiglia). Nei primi anni'60 l'Innocenti era una florida azienda in quel di Lambrate che motorizzò gli italiani nel primo dopoguerra con il suo motoscooter Lambretta assieme alla sua rivale di sempre, la Vespa. Nel 1960 raggiunsero un accordo con la BMC (British Motor Company, la maggior azienda inglese, fallita poco tempo fa come Rover) per la produzione della Austin A 40 e proseguirono così fino al 1965, quando acquisirono la licenza per la produzione della Mini, del tutto identica alla versione inglese (ad eccezione della I contornata da un ellisse simbolo della innocenti in luogo degli stemmini Austin e Morris), compreso il piccolo 4 cilindri 848 cm3 da 37 cv SAE ad aste e bilancieri alimentato a carburatore SU raffreddato a liquidi (radiatore di lato per ragioni di spazio), cambio a 4 marce impossibile da manovrare (la scatola del cambio era in comune con la coppa dell'olio sospensioni a 4 ruote indipendenti con i mitici elementi elastici "Hidrolastic", che occupavano pochissimo spazio e rendevano la macchina sensibile ad ogni minima buca, freni a tamburo sulle 4 ruote. Non spopolò come in inghilterra (per quello c'era la Fiat 500), ma le vendite furono ottime da subito, perchè era più spaziosa delle utilitarie Fiat e non costava molto di più.
Altri elementi di modernità erano forniti dalle sospensioni a ruote indipendenti con elementi elastici in gomma (al posto delle molle), dalle ruote da 10 pollici (per limitare l'invasività nell'abitacolo dei parafanghi) e dallo sportello del vano bagagli (in sé angusto e occupato, per 1/4, dal serbatoio del carburante) ribaltabile verso il basso (come anche la targa, che era sempre visibile) per trasportare colli ingombranti. Il motore era un classico A-Series (dotato di un albero a camme laterale), con cilindrata ridotta a 848cc, alimentazione a carburatore e potenza di 34 cv. Per farlo entrare nel piccolo vano, Issigonis aveva dovuto spostare il radiatore sul lato sinistro del motore. Per contenere i costi di produzione le cerniere delle porte e le saldature (mascherate dai gocciolatoi) erano a vista.
La Mini s'affermò piuttosto lentamente, per via dell'originalità estetica e di qualche problema qualitativo iniziale. Pian piano divenne però uno straordinario successo e il pubblico ne apprezzò anche altre doti sorprendenti: la straordinaria agilità (sembrava un kart) e l'eccezionale tenuta di strada.
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