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Fiat e costo del lavoro, Berlusconi si schiera con Marchionne
30/10/2010
di Michele Formichella
Il Presidente del Consiglio abbraccia la linea del manager e apprezza che la Fiat voglia mantenere la produzione in Italia
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Continuano ad alimentare commenti e polemiche le parole pronunciate domenica sera dall'Amministratore delegato della Fiat, Sergio Marchionne, nel corso dell'intervista concessa a Fabio Fazio in Che tempo che fa nella quale il manager rifletteva a tutto campo sulla situazione in cui versa il lavoro metalmeccanico in Italia.
Dopo gli interventi di esponenti del mondo economico, sindacale e politico, ora dice la sua anche il Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, che – come riporta l'agenzia di stampa tedesca Reuters – si schiera al fianco del manager del Lingotto, almeno sul tema del costo del lavoro in Italia.
Secondo il Premier, nel corso della tanto discussa intervista l'Amministratore delegato non ha in realtà negato che il gruppo torinese abbia ricevuto aiuti in passato, dicendo la verità sul costo del lavoro che in Italia sarebbe troppo alto.
Anzi, il lavoro di Marchionne, prosegue l'analisi del Presidente del Consiglio, va apprezzato per la sua determinazione a restare in Italia nonostante proprio l'alto costo del lavoro piuttosto che andare in Cina e India.
L'occasione per la disamina la offre il Consiglio Ue di Bruxelles nel corso del quale non sono mancati anche riferimenti ai conflittuali sindacati italiani, che rendono il mercato del lavoro italiano tutta un'altra cosa rispetto a quello – cita Berlusconi – cinese, dove la manodopera costa meno ed è meno soggetta a direttive sindacali.
E' vero. Vero che se la Fiat andasse a produrre in India e/o in Cina risparmierebbe sul costo del lavoro. Vero che laggiù la manodopera costa meno che in Italia. Vero – probabilmente – che se la Fiat migrasse lontano dall'Italia starebbe meglio.
Dati alla mano, però, è falso il presupposto di tutto questo discorso: dati alla mano, il salario degli operai italiani è al di sotto della media dei Paesi europei, dove ancora resiste il rispetto per il lavoro (diritti e doveri inclusi) e la cultura della tutela della salute dei lavoratori.
Se esistesse una governance globale del mercato del lavoro e dell'economia mondiali, pensata per migliorare le condizioni di vita degli abitanti di questo pianeta, si cercherebbe di aumentare i diritti e il salario degli operai di Cina e India, non di ridurre quelli degli altri.
Per una mera questione di sostenibilità del sistema e lungimiranza imprenditoriale.
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