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Citroen 2CV: come nasce un mito


18/07/2018

di Grazia Dragone

Iconica e leggendaria, la vettura nasce per le esigenze contadine


Citroen 2CV: come nasce un mito Una storia lunga ben 70 anni quella che caratterizza un modello iconico come la Citroen 2CV. Ma come nasce la 2CV? La sua genesi prende spunto da un’indagine di mercato condotta in tutta la Francia, nelle aree sia rurali che urbane.
Dall’analisi delle risposte emerse che gran parte degli intervistati chiedeva principalmente un’auto economica anche nella gestione, in grado di trasportare oggetti pesanti, come il vecchio carro trainato da cavalli, versatile e funzionale.

Siamo nel 1936, quando il Direttore Generale di Citroën, Pierre-Jules Boulanger, avviò la progettazione di un nuovo modello, una vettura piccola, chiamata Toute Petite Voiture e rivolta principalmente alla Francia contadina. Il progetto ambizioso fu affidato al team guidato dall’ingegner André Lefebvre. La gestazione della 2CV, complice anche il conflitto in corso, durò più o meno dodici anni. Nel 1939 erano già pronti circa 250 prototipi che furono poi esaminati da Boulanger. Ne rimasero ufficialmente una quindicina, poi distrutti perché non cadessero nelle mani dei tedeschi, ma almeno tre sfuggirono alla demolizione e furono ritrovati negli anni ‘90 in un sottotetto di un fabbricato all’interno della pista della Ferté Vidame. Oggi si trovano presso il Conservatoire Citroën.
Finita la guerra, Boulanger comprese che il mercato esigeva in quel momento come non mai una vettura economica e pratica. Incaricò Flaminio Bertoni di rivedere l’estetica della T.P.V., trasformandola nella 2CV, icona che tutti riconosciamo. Molte delle soluzioni adottate per ridurre il costo della vettura furono ritenute inadatte al pubblico della fine degli anni ’40.
Furono così eliminati: l’avviamento a manovella o quello a corda, il singolo faro anteriore, il cambio a tre marce. Del prototipo T.P.V., sulla vettura di serie rimase una curiosa caratteristica: i finestrini anteriori, la cui metà inferiore si ribalta verso l’alto pensati per consentire di segnalare il cambio di direzione.

Il 6 ottobre del 1948, mentre l’apparizione della 2CV apparsa sullo stand Citroën al Salone dell’Automobile di Parigi, suscitando una certa ilarità dei visitatori, migliaia di automobilisti affollavano i concessionari per prenotarne una. Iniziò così un successo che è storia.
Di colore grigio e con un motore di 375 cc che permetteva di raggiungere i 60 orari consumando tre litri per 100 km. Pian piano le prestazioni della 2CV crebbero grazie all’adozione di nuovi motori più potenti, sempre a due cilindri. Intanto la 2CV era diventata il punto di partenza per lo sviluppo di altri modelli che ne riprendevano telaio e architettura della meccanica: l’AMI6 nel 1961, la Dyane nel 1967, la Méhari l’anno successivo e l’AMI8 nel 1969.

L’ultima 2CV uscì dalle catene di montaggio della fabbrica portoghese di Mangualde il 27 luglio 1990. Le cifre ufficiali parlano di 3.868.634 esemplari prodotti, ma se si considerano anche le derivate, il totale supera i cinque milioni. Ma la sua fine produttiva non ne ha determinato il tramonto dalle scene del mondo dell’auto. Tanti sono ancora i modelli circolanti soprattutto nei raduni dove i numerosi appassionati hanno dato vita ad esemplari personalizzati. A settant’anni di distanza lo spirto è vivo più che mai es esprime l’audacia del Double Chevron.

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La genesi della 2CV rende spunto da un’indagine di mercato condotta in tutta la Francia, nelle aree sia rurali che urbane. Flaminio Bertoni rielaborò l’estetica della T.P.V., trasformandola nella iconica 2CV, eliminando molte delle soluzioni ritenute inadeguate per il tempo. La prima apparizione ufficiale avvenne durante il Salone di Parigi nel 1948, suscitando ilarità tra i presenti L’ultima 2CV uscì dalle catene di montaggio della fabbrica di Mangualde il 27 luglio 1990

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